lunedì 11 dicembre 2017

Netflix: To the bone (Fino all'osso).

To The Bone (Fino all’osso) è un film scritto e diretto da Marti Noxon, con Lily Collins e Keanu Reeves. Prodotto Netflix; e a proposito vi dirò che mi piace il coraggio di Netflix, affronta tematiche, che molto spesso vengo lasciate solo ai generi drammatici, dove o piangi oppure non arrivi mai alla riflessione.
In questo film si parla di anoressia e, di altre malattie alimentari, o come li chiama il dottore Beckam (Reeves) “Problemi” alimentari.
 Ma passiamo alla trama, il film inizia con Ellen (Collins) ricoverata in un ospedale, o centro di recupero, dall’aspetto ospedaliero, è arrabbiata e verbalmente aggressiva. Fino all’osso non inizia raccontando come si entra nella malattia, come si affronta e come si guarisce. No, racconta come si cerca di reagire. Dal film passa, giustamente, che non esiste un reale motivo per cui si entra nel problema.

 Tutto inizia quando Ellen è già ad uno stadio molto avanzato. Questo è il terzo tentativo di aiutare la ragazza, da parte dei familiari, che falliscono, di nuovo. Così la compagna del padre decide di fare un ultimo tentativo e portarla dal migliore, il Dottor Beckam il quale cerca di aiutare i ragazzi con metodi poco convenzionali, cercando di aggredire la “malattia”, dando stimoli ai ragazzi perché possano capire che bisogna reagire e vivere, che vale la pena vivere, anche per un solo motivo, facendoli vivere tra delle mura domestiche. Ellen entra così nella grande casa (la clinica Threshold), con lei ci sono altri 6 ospiti, 5 ragazze e Luke, un ballerino.
I motivi che hanno portato Ellen ad entrare nella spirale mortale? Sembrerebbero molti: l’assenza del padre (non lo vediamo mai nel film, troppo impegnato a lavorare o a non voler vedere la figlia morire), una madre che ha subito una depressione post parto, che stando alle parole di Susan, la compagna del padre, è “Lesbica e bipolare”, e infine Susan che ha un modo un po’ “povero” di prendersi cura di una ragazza troppo problematica, logorroica e spesso fuori luogo però a modo suo tenera. Prova in tutti i modi a salvare quella figlia che non ha scelto (ma i genitori scelgono i figli?).
Poi c’è un altro motivo, apparente, che però non vi dico, altrimenti leggete solo la recensione e non guardate più il film, che a mio avviso dovete vedere e che, dovete far vedere, soprattutto ai ragazzi.
Ultimamente abbiamo un po’ abbassato la guardia verso alcuni problemi, non dobbiamo farlo, ma essere continuamente allertati, non con l’ansia ovviamente, ma un bel modo per affrontare certe questioni è questo: la commedia, aprire il dibattito con il sorriso amaro. Dovrebbe essere visto nelle scuole, perché affronta la malattia con onestà, con schiettezza, senza tanti giri di parole arriva al nocciolo della questione: non ci sono aiuti efficaci, se tu non vuoi uscirne e non ti vuoi bene.
Sembra retorica, ma è la verità, l’individuo è al centro di tutto; Ellen per vivere deve diventare Ilay (capirete guardando), deve essere sé stessa, fuori dalle convenzioni familiari. Sono gli obblighi verso gli altri il vero motivo che spingono le persone al masochismo?

È la sorella di Ellen, Kelly, che ci conduce velatamente a questa lettura; secondo Kelly, Ellen vuole diventare brutta, un mostro, per spaventare le persone, per allontanarle, anzi, per rappresentare fisicamente quello che gli altri pensano di lei. Il giudizio altrui soffoca la fragile Ellen, solo quando imparerà a guardarsi con i propri occhi, riuscirà a trovare la forza di incamminarsi verso la strada della guarigione. 

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