domenica 8 ottobre 2017

Blade Runner 2049

Tra la Los Angeles 2019 di Blade Runner (Ridley Scott, 1982) e quella di Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve, 2017), scorrono trent’anni e ci chiediamo che fine abbiano fatto il cacciatore di replicanti Rick Dekard (Harrison Ford) e la replicante Rachel (Sean Young), e attendiamo che venga svelato il significato dell’unicorno lasciato al Blade Runner. In questa pellicola, le domande dovrebbero trovare una risposta.
Nel 2049, sono stati messi in commercio dei nuovi modelli di replicanti che “non scappano”, consci di essere replicanti e che accettano di fare ciò che gli esseri umani non vogliono o non possono più fare, una manodopera da sfruttare.
L’Agente K (Ryan Gosling) ha la mansione di “ritirare” i vecchi modelli Nexus. La sua è una ricerca che in quasi tutti i casi porta alla morte, tanto che diventerà una ricerca di se stesso e della propria umanità. Non è facile scrive di questo film: “troppa carne al fuoco”; un film “capolavoro”, cult, al centro di studi, di speculazioni e “director’s cut”, un film unico e di cui ci restano le domande “Cosa è reale e cosa non lo è?” “Cosa vogliamo sentirci dire e cosa vogliamo vedere?” “Chi sono i replicanti e chi sono gli esseri umani?”
La scena che più mi ha coinvolto è l’ultima in cui attraverso un vetro si scopre la verità e alle emozioni non attribuisci l’appellativo replicante o essere umano.

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